giovedì 28 giugno 2007

Commercio Idrotermosanitario


Andate a pagina 11 della rivista commercio idrotermosanitario e troverete la prima pubblicità di Katerina valves, la nuova linea di valvole in acciaio (a settembre anche in ottone) per reti in polietilene: la valvola, che è in accaio, viene lavorata e provvista di terminali in polietilene DIRETTAMENTE COLLEGATI AI TERMINALI IN ACCIAIO della valvola con la tecnica della compressione a freddo. In aggiunta la valvola è completamente ricoperta da uno spesso strato di materiale termoindurente che vi risparmia la fasciatura della valvola.
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martedì 26 giugno 2007

Collettore Recanati : Referenze


Il collettore Recanati è presente anche nei video aziendali di aziende come TecnoSupply.
Provate a vedere dove si trova.

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La norma UNI 7129 terza edizione: II° e ultima parte




Posa interrata

Nei tratti interrati, le tubazioni di acciaio possono essere giuntate tramite saldatura di testa per fusione oppure mediante raccordi filettati, tenendo presente che le giunzioni filettate non devono essere obbligatoriamente collocate in pozzetti. Le tubazioni di rame, nei tratti interrati, devono invece essere collegate esclusivamente tramite appositi raccordi con giunzione capillare con brasatura.


Nei tratti interrati, le tubazioni metalliche, di acciaio o di rame, devono essere adeguatamente protette contro la corrosione indotta dal terreno. La difesa consiste nel rivestire tali tubazioni con idonei materiali protettivi e nel separare elettricamente, tramite giunti dielettrici, il tratto di tubazione metallica (di acciaio o di rame) interrato da quello esterno in vista.
Nei tratti interrati, la protezione passiva delle condutture di acciaio può essere ottenuta tramite rivestimento esterno e interno a base di bitume o catrame (UNI ISO 5256) oppure con rivestimento esterno in polietilene applicato per estrusione (UNI 9099) o infine con rivestimento esterno di polietilene applicato per fusione (UNI 10191).
Le condutture di rame interrate vengono protette tramite un rivestimento esterno costituito da materiali plastici applicati per estrusione, secondo UNI 10823.
Durante la posa, si deve provvedere a ripristinare il rivestimento protettivo contro la corrosione nei tratti di tubazione dove è stato interrotto per eseguire giunzioni o inserire curve o pezzi speciali. Ciò deve essere fatto fasciando accuratamente la condotta, prima del rinterro, con bende o nastri le cui caratteristiche di idoneità devono essere appositamente dichiarate dal produttore.

I giunti dielettrici isolano galvanicamente i tratti di tubazione metallica interrati da quelli fuori terra e costituiscono un ulteriore fattore di protezione contro la corrosione, insieme con il rivestimento protettivo. E’ opportuno prevederli anche per la protezione contro la corrosione dei tratti di tubazione metallica di allacciamento al tubo di polietilene interrato. I giunti dielettrici devono essere collocati immediatamente a filo del terreno, nei punti dove la tubazione metallica esce fuori terra. Sono idonei i tipi monolitici, secondo UNI 10284 o UNI 10285, costituiti da un tronchetto di acciaio dello stesso diametro della tubazione, rivestito di materiale isolante.
La norma UNI 7129/01 prevede l’obbligo della presenza del nastro di segnalazione anche per le tubazioni metalliche interrate e non solo per quelle di polietilene. Il nastro deve essere di colore giallo segnale (RAL 1003) e deve venire collocato sopra la tubazione, ad una distanza, misurata in verticale, di almeno 30 cm da essa. Con lo stesso colore giallo segnale si deve contraddistinguere anche il tratto di tubazione che fuoriesce dal terreno, per almeno 7 cm.
Lungo il percorso delle condutture interrate è necessario disporre dei riferimenti esterni in numero sufficiente a fare in modo che la tubazione del gas possa essere individuata in ogni situazione. A chiarimento di quanto sopra la norma UNI 7129/01 precisa che la prescrizione può essere soddisfatta, ad esempio, collocando sui vicini muri apposite targhette recanti la distanza e la profondità della tubazione oppure disponendo sulla verticale della tubazione e lungo la stessa dei pilastrini di riferimento.

APPARECCHI A GAS
Modalità di ubicazione<


Gli apparecchi a gas sono classificati, in base alla norma UNI 10642, in funzione del metodo di prelievo dell’aria comburente e di scarico dei prodotti della combustione. Ai sensi della L.46/90, le ditte installatrici hanno l’obbligo di eseguire gli impianti a regola d’arte, adottando unicamente materiali e componenti costruiti a regola d’arte.
I componenti soggetti ad almeno una direttiva europea devono essere dotati di marcatura CE. Dunque, la presenza della marcatura CE su un apparecchio a gas fornisce all’installatore la garanzia che quel dato apparecchio è a regola d’arte in quanto risulta conforme alle prescrizioni di sicurezza della vigente legislazione tecnica italiana che recepisce tutte le direttive europee ad esso applicabili.

Un apparecchio a gas deve rispondere a diverse direttive europee. La più importante è la direttiva gas, recepita in Italia con il DPR 15 novembre 1996 n° 661 (S.O.G.U. n° 302 del 27/12/96) - Regolamento per l’attuazione della Direttiva 90/396/CEE concernente gli apparecchi a gas. In particolare, una caldaia a gas deve anche rispondere alla direttiva rendimenti, recepita con il DPR 15 novembre 1996 n° 660 (S.O.G.U. n° 302 del 27/12/96) - Regolamento per l’attuazione della direttiva 92/42/CEE concernente i requisiti di rendimento delle nuove caldaie ad acqua calda, alimentate con combustibili liquidi o gassosi.

Apparecchi di tipo A


Gli apparecchi a gas di tipo A (norma UNI 10642) sono apparecchi non previsti per il collegamento a canna fumaria o a dispositivo di scarico dei prodotti della combustione all’esterno del locale di installazione. Il prelievo dell’aria comburente e lo scarico dei prodotti della combustione avvengono nel locale d’installazione.
Per poter essere installati in un ambiente abitato tali apparecchi devono: essere conformi alle prescrizioni di sicurezza indicate dal DM 30 ottobre 1981 dell’allora Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato “Prescrizioni di sicurezza per l’uso di apparecchi a gas, funzionanti senza scarico esterno dei prodotti della combustione” essere muniti di un dispositivo di controllo dell’atmosfera ambiente oltre che di un dispositivo di sicurezza per l’accensione e contro lo spegnimento (del tipo AAS - atmosphere safety); essere installati rispettando tutti i vincoli imposti dalla norma UNI 7129.
Per esigenze di coerenza con la normativa europea i nuovi limiti di portata termica degli apparecchi di tipo AAS sono i seguenti: scaldacqua istantanei a prelievo diretto, di portata termica nominale non maggiore di 11,7 kW (UNI EN 26) scaldabagni ad accumulo a prelievo diretto (EN 89), di capacità utile fino a 50 I di acqua e di portata termica nominale non maggiore di 4,65 kW, apparecchi indipendenti per il riscaldamento ambientale di portata termica nominale non maggiore di 4,2 kW (UNI EN 449 e EN 613) altri apparecchi a gas con portata termica nominale non maggiore di 2,9 kW, esclusi gli apparecchi di cottura.

In tutti i casi in cui si fa riferimento alla portata termica, la norma precisa che essa deve essere intesa come portata termica nominale, che è il valore dichiarato dal costruttore.

La norma vieta l’installazione degli apparecchi di tipo AAS nei locali doccia e nei locali adibiti a bagno e a camera da letto e richiede che entrambe le aperture praticate sulla parete esterna del locale d’installazione siano del tipo permanente e, ciascuna, della sezione minima di 100 cm2. Una delle due aperture, quella di ventilazione, che ha la funzione di far affluire l’aria comburente, deve essere disposta nella parte bassa della parete esterna. L’altra apertura, di aerazione, che svolge la funzione di evacuare i prodotti della combustione, deve essere aperta nella parte alta della parete esterna.
Le prescrizioni valgono per tutti gli apparecchi di tipo A, indipendentemente dal tipo di gas combustibile adottato.

Apparecchi di tipo B


Gli apparecchi a gas di tipo B (norma UNI 10642) sono quegli apparecchi previsti per il collegamento a canna fumaria o a dispositivo di scarico dei prodotti della combustione all’esterno del locale in cui l’apparecchio è installato. Il prelievo dell’aria comburente avviene nel locale d’installazione mentre lo scarico dei prodotti della combustione avviene all’esterno del locale stesso.
Secondo la norma UNI 7129/01, tali apparecchi possono essere installati in ambienti abitati solo se del tipo BBS (Blocked safety), ossia se sono muniti di dispositivo di controllo del corretto scarico dei prodotti della combustione che interviene in presenza di ostruzione totale o parziale del camino.

La norma prescrive che un apparecchio di tipo BBS non può essere installato in un locale in cui sia presente un caminetto a legna aperto e privo di propria apertura di afflusso dell’aria.
Giova però ricordare che la norma UNI 10683, relativa ai requisiti di installazione dei generatori di calore a legna, pur non essendo tra le norme recepite ai sensi della L.1083/71, prescrive che nello stesso locale d’installazione di un caminetto a legna, con o senza propria apertura di afflusso dell’aria possano essere installati unicamente apparecchi a gas di tipo C. Addirittura, in caso di installazione di un apparecchio di tipo B o di una cappa in un locale adiacente e comunicante con il locale d’installazione di un caminetto a legna, secondo la norma UNI 10683 tali apparecchi a gas non possono essere utilizzati in contemporanea con il caminetto a legna qualora vi sia il rischio che uno dei due locali venga messo in depressione rispetto all’altro.
Sempre secondo la UNI 10683, solo se il locale è adibito a cucina, insieme al caminetto a legna è ammessa la presenza di apparecchi di cottura, purchè dotati di cappe a tiraggio naturale. Le cappe munite di estrattore sono ammesse solo se previste dal costruttore del caminetto a legna e seguendo le relative istruzioni.


Apparecchi di tipo C


Gli apparecchi a gas di tipo C (norma UNI 10642) sono quegli apparecchi il cui circuito di combustione (prelievo aria comburente, camera di combustione, scambiatore di calore e scarico dei prodotti della combustione) è a tenuta rispetto al locale in cui l’apparecchio è installato. Il prelievo dell’aria comburente e lo scarico dei prodotti della combustione avvengono direttamente all’esterno del locale.
La norma UNI 7129/01, come le edizioni precedenti, non prevede alcuna restrizione alla possibilità di installazione degli apparecchi di tipo C negli ambienti abitati. Tuttavia, siccome tali apparecchi sono collegati all’impianto del gas tramite raccordi con giunzioni filettate (tipico è l’allacciamento al rubinetto), la loro installazione può avvenire solamente in locali naturalmente o artificialmente aerabili.

Dispositivi di sicurezza


I dispositivi di sicurezza, di controllo e di regolazione automatica di un apparecchio utilizzatore possono essere modificati solamente dal costruttore e sotto sua responsabilità (dai centri di assistenza). Sia l’installatore che il fornitore dell’apparecchio a gas non possono assolutamente manomettere tali dispositivi.

Collegamento degli apparecchi


Gli apparecchi utilizzatori possono essere collegati all’impianto fisso con tubi flessibili di acciaio inossidabile a parete continua, muniti di estremità filettate, di cui alla norma UNI 9891.
La norma UNI 7129/01 ammette il tipo dotato, ad una estremità, di raccordo maschio, filettato UNI ISO 7-1, per il collegamento all’impianto e, all’altra estremità, di raccordo a dado girevole femmina, filettato UNI ISO 228-1, per il collegamento all’apparecchio.

MESSA IN SERVIZIO Messa in servizio dell’impianto


La procedura di messa in servizio dell’impianto riguarda tutto l’impianto interno (apparecchi utilizzatori esclusi) e dovrebbe essere condotta nel rispetto della seguente procedura:
aprire finestre e porte ed evitare la presenza di fiamme libere e/o scintille;
aprire il dispositivo d’intercettazione del contatore e lasciare che il gas, entrando, spurghi l’aria contenuta nelle tubazioni dell’impianto interno e negli apparecchi; procedendo apparecchio per apparecchio, aprire pertanto sia il rubinetto d’impianto sia quello dell’apparecchio;
chiudere i rubinetti d’impianto presenti immediatamente a monte degli apparecchi e controllare che non vi siano fughe di gas. Durante 10 min il contatore non deve segnare alcun passaggio di gas. In caso contrario le fughe devono essere individuate con soluzione saponosa o prodotto equivalente ed eliminate, ripetendo successivamente il controllo, fino ad ottenere il risultato positivo.

Messa in servizio degli apparecchi


Per la messa in servizio degli apparecchi utilizzatori, dopo aver attivato l’impianto, chiudere tutti i rubinetti degli apparecchi e aprire i rubinetti d’impianto, installati a monte di ciascun apparecchio. Quindi, procedendo apparecchio per apparecchio:
controllare che dai raccordi di collegamento all’impianto non vi siano perdite di gas. Il controllo consiste nel verificare che in un arco di tempo di 10 minuti il contatore non segnali alcun passaggio di gas. Se così non fosse, le perdite devono essere individuate con un liquido tensioattivo e le cause eliminate. Dopo l’intervento di riparazione, il controllo deve essere ripetuto procedendo fino a quando si è certi di avere eliminato tutte le perdite;
accendere i bruciatori e controllarne la regolazione;
verificare che gli apparecchi e gli eventuali dispositivi di sicurezza funzionino correttamente, secondo le vigente normativa e in conformità a quanto indicato dal costruttore, sul libretto di istruzioni;
controllare che il locale d’installazione degli apparecchi sia correttamente ventilato, secondo le prescrizioni della norma; controllare l’efficienza del sistema fumario.
Se anche uno soltanto dei controlli sopra previsti dovesse dare esito negativo, l’impianto non deve essere messo in servizio.

Verifica di efficienza del sistema fumario


Per la verifica di efficienza dei sistemi fumari funzionanti in depressione e asserviti ad apparecchi a camera aperta e a tiraggio naturale, si deve dapprima preparare il locale in modo da crearvi la massima depressione possibile e generare azioni di disturbo al funzionamento fluidodinamico dell’apparecchio il quale dovrà funzionare nelle peggiori condizioni possibili per lo scarico dei prodotti di combustione.
Allo scopo: si chiudono le porte e le finestre dell’intera unità immobiliare nella quale è installato l’apparecchio sotto prova;
se nello stesso locale d’installazione dell’apparecchio e in quelli comunicanti vi sono camini o condotti di scarico aperti e non utilizzati, essi devono essere tappati;
si mettono in funzione, alla massima portata termica, tutti gli apparecchi a camera aperta, esclusi solamente quelli a circuito di combustione stagno, e i caminetti aperti a legna eventualmente presenti nel locale d’installazione dell’apparecchio in prova e in quelli comunicanti;
si mettono in funzione, alla massima potenza, gli estrattori, le cappe elettriche aspiranti ed ogni altro dispositivo che, durante il suo funzionamento, può sottrarre aria comburente e creare depressione nel locale di installazione dell’apparecchio in prova.
Si accende infine l’apparecchio a camera aperta e a tiraggio naturale portandolo alla sua portata termica effettiva e mantenendolo a quella potenza per tutto il tempo richiesto allo svolgimento della prova. Dopo aver atteso per un periodo di tempo di almeno 10 minuti, si inizia la verifica.
Si esegue dapprima il controllo visivo delle caratteristiche di combustio-ne dell’apparecchio valutando la conformazione, geometria e colorazione della fiamma;
ci si accerta che nel locale non vi sia riflusso dei prodotti della combustione;
la verifica può essere condotta accostando degli appositi attrezzi o strumenti lungo il perimetro dell’interruttore di tiraggio dell’apparecchio, nei punti di congiunzione tra i vari elementi del canale da fumo o del condotto di scarico diretto in atmosfera, e in prossimità dell’imbocco alla canna fumaria;
se la prova di assenza di riflusso dimostra, senza ombra di dubbio, l’assenza di fuoriuscita dei prodotti della combustione nel locale, si procede con la verifica di tiraggio del camino la quale verrà eseguita inserendo la sonda del deprimometro immediatamente a valle dell’interruttore di tiraggio, in corrispondenza dell’apposito foro presente nel canale da fumo.

VENTILAZIONE DEI LOCALI


Il capitolo della ventilazione dei locali, nella norma UNI 7129/01, non varia rispetto all’edizione precedente.
Secondo la norma, la sezione libera netta delle aperture di ventilazione, calcolata in funzione della potenza termica degli apparecchi, deve essere opportunamente maggiorata nei seguenti casi:
assenza delle termocoppie sui bruciatori dei piani di cottura, ubicazione delle aperture di ventilazione nella parte alta della parete esterna e presenza di estrattori.
Purtroppo, quando le aperture di ventilazione sono soggette a più maggiorazioni, il loro ordine di applicazione influenza il risultato della sezione netta finale. Sarebbe allora opportuno che tale ordine venisse precisato. Ad esempio potrebbe essere il seguente:
1°) raddoppio per l’assenza dei dispositivi di sicurezza sugli apparecchi di cottura;
2°) maggiorazione del 50 % per la collocazione dell’apertura di ventilazione nella parte alta della parete esterna (vietata per il GPL);
3°) maggiorazione per la presenza dell’estrattore o della cappa aspirante.
E’ bene ricordare che in caso di impiego del GPL, che è un gas pesante, l’apertura di ventilazione deve essere obbligatoriamente collocata a quota prossima al pavimento. Pertanto non può essere disposta, maggiorandola, sulla parte alta della parete esterna.
In caso di ventilazione naturale indiretta, la norma UNI 7129 non prevede che l’apertura di ventilazione del locale adiacente debba essere maggiorata se si trova nella parte alta della parete esterna. Questo vale per i soli gas leggeri.
In caso di GPL, l’apertura di ventilazione deve essere rigorosamente ubicata a filo del pavimento.

EVACUAZIONE FORZATA DELL’ARIA VIZIATA


Nei locali in cui sono installati gli apparecchi a gas, oltre all’immissione di aria comburente ed alla evacuazione dei prodotti della combustione, può essere necessario effettuare anche l’evacuazione dell’aria viziata. In tal caso si dovrà provvedere ad immettere nell’ambiente una pari quantità di aria pulita.
L’evacuazione meccanica dell’aria viziata non può mai sostituirsi, se non in casi espressamente previsti dalla norma, al sistema di evacuazione dei prodotti della combustione e deve svolgersi nel rispetto di determinate regole.
In un locale dove sia installato solo un apparecchio di cottura a gas l’evacuazione dei prodotti della combustione del piano di cottura può essere effettuata dallo stesso estrattore dell’aria viziata. In tal caso la norma non obbliga a maggiorare le aperture di ventilazione per tenere conto della presenza dell’elettroventilatore. Come ulteriore condizione, però, richiede che negli eventuali locali adiacenti e direttamente comunicanti siano presenti unicamente apparecchi a gas di tipo C.

SISTEMI DI EVACUAZIONE DEI PRODOTTI DI COMBUSTIONE


La norma UNI 7129/01 precisa che i prodotti ed i componenti impiegati nella costruzione dei camini, dei canali da fumo e dei relativi raccordi devono risultare conformi ai requisiti costruttivi generali previsti dalla norma UNI EN 1443 la quale fissa anche i criteri per la marcatura e per la valutazione della conformità.
In una nota, viene precisato che i camini rientrano nel campo di applicazione della Direttiva prodotti da costruzione:
89/106/CEE che in Italia è stata recepita con il DPR 21 aprile 1993 n° 246:
“Regolamento di attuazione della Direttiva 89/106/CEE” (G.U. n° 170 del 22 luglio 1993), successivamente modificato dal DPR 10 dicembre 1997 n° 499:
“Regolamento recante norme di attuazione della Direttiva 93/68/CEE per la parte che modifica la Direttiva 89/106/CEE” (G.U. n° 21 del 27 gennaio 1998).
Attenzione però che, attualmente, il costruttore non può ancora apporre la marcatura CE sulle canne fumarie in quanto manca la normativa tecnica di riferimento: norme europee armonizzate, norme nazionali riconosciute dalla Commissione europea o benestare tecnico europeo.

Quote di sbocco a tetto


Nessuna novità anche per quanto riguarda la quota di sbocco a tetto di camini e canne fumarie collettive. Secondo la norma UNI 7129 essa deve elevarsi al di sopra della zona di reflusso, per evitare la formazione di contropressioni che impediscono la libera evacuazione dei prodotti della combustione in atmosfera. Detta zona di reflusso dipende dall’inclinazione del tetto.
Si segnala che nel caso di tetto a 30°, l’altezza della zona di reflusso dovrebbe essere corretta a 0,75 m, per raccordarla alla distanza di 1,30 m dal colmo. Infatti: 1,30 x tg(30°) = 0,75 (e non 0,80). Analogamente, l’altezza minima del torrino, a distanza superiore a 1,30 m dal colmo del tetto, deve essere aumentata a 1,25 m (e non 1,20 m).

Posizionamento dei terminali a parete


Nei prospetti che riportano le distanze minime da osservare tra i terminali di tiraggio a parete ed i diversi elementi dell’edificio, sia per gli apparecchi a tiraggio naturale sia per quelli muniti di ventilatore, viene stabilito che il terminale ubicato sotto un balcone praticabile deve essere posizionato in modo tale che il percorso dei fumi, dal punto di uscita del terminale allo sbocco dal perimetro esterno del balcone, deve essere di almeno 2 m.
La norma UNI 7129/01 chiarisce meglio il concetto e aggiunge che nel caso di balcone con parapetto chiuso, nella distanza di 2 m si deve ritenere compresa anche l’altezza del parapetto.

Appendice A


Nell’appendice A, anche se solo informativa, sarebbe auspicabile che in una prossima edizione venissero indicati i limiti di validità della formula suggerita per il calcolo delle perdite di carico e venissero precisati i valori massimi di pressione per i quali risulta ancora corretto il metodo di dimensionamento tabellare proposto dalla norma.


fonte: www.progettogas.it

La norma UNI 7129 terza edizione - Le Novità (1° Parte)

Nel mese di Dicembre 2001, l’UNI ha pubblicato la terza edizione della norma UNI 7129: Impianti a gas per uso domestico alimentati da rete di distribuzione - Progettazione, installazione e manutenzione.




Quest’ultima edizione non costituisce una completa revisione della normativa precedente, come da tempo ci si aspettava, ma più semplicemente è un coordinamento dei documenti normativi esistenti ed un loro aggiornamento.
La norma UNI 7129/01 infatti incorpora la precedente UNI 7129 del 1992 ed i relativi fogli di aggiornamento A1 del 1995 e A2 del 1997, introduce delle novità sui criteri di esecuzione dell'impianto e soprattutto sulle caratteristiche qualitative dei materiali e dei prodotti da impiegare.
Detti aggiornamenti si sono resi necessari per allinearci alla normativa europea nel frattempo promulgata e che, in un primo tempo, si pensava dovessero essere pubblicati a parte, in un terzo foglio di aggiornamento.
Comunque, la pubblicazione di un testo coordinato ha certamente contribuito a migliorare la chiarezza espositiva e ad agevolare la comprensione del documento normativo nel suo insieme. La nuova norma UNI 7129/01 contiene le prescrizioni per la progettazione, installazione, messa in servizio e manutenzione degli impianti ad uso domestico o similare alimentati da gas combustibile distribuito tramite rete pubblica. Si applica alle nuove installazioni ed al rifacimento anche parziale degli impianti interni (a valle del contatore), all’installazione degli apparecchi utilizzatori di portata termica nominale singola non superiore a 35 kW, ai sistemi di ventilazione dei locali d’installazione degli apparecchi ed ai sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione. E’ bene precisare che la norma UNI 7129 del dicembre 2001 non è pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in quanto non è stata ancora approvata tramite apposito decreto ministeriale, come previsto dall’art. 3 della L.1083/71.
Ad oggi dunque, solo la norma UNI 7129 del 1992 e i suoi due fogli di aggiornamento FA1 e FA2, sono da considerare presunzione legale della regola dell’arte ai sensi dell’art. 3 della L.1083/71 in quanto recepiti attraverso appositi decreti ministeriali. E’ a loro che ci si deve riferire per l’eventuale applicazione delle sanzioni penali previste dalla L.1083/71, per i trasgressori.
Al momento, dunque la UNI 7129/01 è solo una norma di buona tecnica ai sensi dell’art. 5 c.3 del DPR 447/91, regolamento di attuazione della L.46/90 il quale, ricordiamo, prevede unicamente sanzioni amministrative. In ogni caso la UNI 7129/01 è la norma che l’installatore abilitato ai sensi della L.46/90 deve rispettare per la realizzazione a regola d’arte degli impianti a gas ed è il corretto riferimento da riportare nella dichiarazione di conformità dell’impianto che deve rilasciare al termine dei lavori.
Nel panorama normativo europeo non esiste attualmente una norma di sistema che affronti in modo organico e globale la valutazione dei rischi connessi con gli impianti a gas ad uso domestico e similare. La norma UNI EN 1775, che riguarda gli impianti a gas negli edifici, tratta solo gli aspetti connessi con l’installazione delle tubazioni dell’impianto interno e si limita, in linea con le strategie comunitarie, a rivestire un ruolo di riferimento, di individuazione dei principi generali comuni, atti ad orientare la regolamentazione dei singoli Paesi, senza però incidere sulle realtà normative già esistenti.
In Italia dunque la norma europea UNI EN 1775 non sostituisce, ma piuttosto integra la norma UNI 7129. Quest’ultima sviluppa in modo globale e dettagliato il problema della valutazione dei rischi connessi con l’utilizzo degli impianti a gas per uso domestico e similare e rappresenta il riferimento normativo per la realizzazione a regola d’arte di tali impianti, secondo quanto prescritto dalla vigente legislazione nazionale di sicurezza:
la Legge 6 dicembre 1971, n°1083: “Norme per la sicurezza dell'impiego del gas combustibile” e la Legge 5 marzo 1990, n° 46 “Norme per la sicurezza degli impianti”.

Le novità


Di seguito si presuppongono noti i contenuti della norma UNI 7129 del 1992 e dei suoi due fogli di aggiornamento: FA1 e FA2 e vengono illustrati e commentati i soli aspetti innovativi introdotti dall’ultima edizione: la norma UNI 7129/01.

Campo di applicazione


Il campo di applicazione della norma rimane sostanzialmente quello di prima. Ci si auspica che in una prossima edizione venga specificata la pressione massima di esercizio dell’impianto interno che, comunque, non dovrebbe superare i 0,5 bar.

Riferimenti normativi


Un’importante innovazione è costituita dalla sezione dei riferimenti normativi che si presenta notevolmente arricchita e consente di individuare prontamente le norme alle quali i materiali, gli apparecchi ed i componenti devono rispondere. Tali informazioni sono utili anche all’installatore che deve compilare la relazione sulla tipologia dei materiali ed allegarla obbligatoriamente alla dichiarazione di conformità dell’impianto.

Termini e definizioni


L’edizione del 2001 della norma UNI 7129, come le precedenti, non dispone di una sezione specifica per i termini e le definizioni in quanto fa riferimento alla norma UNI 7128, la cui ultima edizione è del 1990. Sarebbe opportuno un suo aggiornamento per allinearla con la più recente normativa, anche europea. Solo a titolo di esempio sarebbe opportuno:
• aggiornare la definizione di impianto interno, aggiungendo esplicitamente che gli apparecchi utilizzatori ne sono esclusi, per coordinarla con la definizione data dalla UNI EN 1775;
• rendere omogenee le condizioni di riferimento sia per la portata in volume, attualmente riferita a TPS (15°C -1013 mbar), che per il potere calorifico del gas, attualmente riferito a TPN (0°C - 1013 mbar);
• aggiornare la definizione degli apparecchi nei quali l’evacuazione dei prodotti della combustione viene attivata a mezzo di un ventilatore che forma parte integrante dell’apparecchio. Tali apparecchi non si dicono più a tiraggio forzato bensì apparecchi muniti di ventilatore.

Tubi, collegamenti ed accessori


Tubi di acciaio
I tubi di acciaio con saldatura longitudinale, quando adottati per l’impiego interrato, devono essere del tipo idoneo per una pressione di esercizio fino a 5 bar e devono possedere caratteristiche qualitative conformi alla norma UNI EN 10208-1.
Il vecchio riferimento normativo alla qualità dei tubi di acciaio, la UNI 9034, è meno preciso e puntuale poichè riguarda tutti i materiali ed i sistemi di giunzione. Tra l’altro, la UNI 9034 ha per campo di applicazione i soli impianti esterni: le reti di distribuzione e le derivazioni d’utenza. Al contrario, la norma UNI 7129 si applica esclusivamente agli impianti interni; quelli cioè che si trovano a valle del contatore o, in sua assenza, a valle della valvola d’intercettazione generale d’utenza.
I tubi di acciaio possono essere collegati per saldatura di testa oppure con raccordi a filettare. I collegamenti meccanici tramite flange o giunti a tre pezzi non sono previsti dalla norma.
I nuovi riferimenti normativi per la raccorderia dei tubi di acciaio sono i seguenti:
• la EN 10253-1 (che sostituisce la UNI ISO 3419) per raccordi di acciaio per le giunzioni a saldare di testa per fusione;
• la UNI ISO 50 e la EN 10241 (che sostituisce la UNI ISO 4145) per i raccordi di acciaio con le estremità a filettare;
• la UNI EN 10242 (che sostituisce la UNI 5192) per i raccordi di ghisa malleabile per le giunzioni a filettare.
Le giunzioni filettate dei tubi di acciaio devono essere eseguite con l’impiego di raccordi con filettatura UNI ISO 7-1, a tenuta sul filetto. Detta tenuta può essere ulteriormente migliorata con l’aggiunta di idonei materiali, quali:
• composti di tenuta non indurenti (UNI EN 751-2), eventualmente uniti a fibre di supporto tipo: canapa, lino o fibre sintetiche, purchè specificamente dichiarati idonei dal costruttore; con la sola avvertenza che la fibra di canapa non è ammessa per l’impiego con GPL;
• nastri di fibra sintetica non tessuta impregnati di composto di tenuta non indurenti (UNI EN 751-2); • composti di tenuta anaerobici, indurenti (UNI EN 751-1);
• nastri di politetrafluoroetilene (PTFE) non sinterizzato (UNI EN 751-3).

Per il corpo dei rubinetti, da installare sulle tubazioni di acciaio, sia in vista sia in pozzetti o scatole ispezionabili non a tenuta, è ammesso l’impiego dell’acciaio, dell’ottone e della ghisa sferoidale. Con l’ultima edizione della norma è stato ammesso anche l’impiego del bronzo.

Tubi di rame


La norma di riferimento per le caratteristiche qualitative e dimensionali dei tubi di rame è la UNI EN 1057 che sostituisce la UNI 6507.
In realtà, la UNI EN 1057 era già citata nel foglio di aggiornamento A2 ma solo nella sezione dei riferimenti normativi, in quanto, nel corpo della norma si faceva ancora riferimento alla UNI 6507. Per i tubi di rame, fino al diametro esterno di 54 mm, gli spessori minimi da adottare sono quelli indicati nell’edizione precedente. Per i diametri superiori, invece, è necessario ricorrere all’impiego di tubi di rame con gli spessori massimi raccomandati dalle disposizioni europee (UNI EN 1057).
Per la posa interrata, non è più previsto l’impiego dei tubi di rame con spessore minimo di 2 mm, praticamente impossibili da reperire sul mercato con i diametri di normale impiego. Le nuove disposizioni prevedono che la tubazione di rame interrata debba essere protetta contro le aggressioni del terreno mediante un idoneo rivestimento esterno di materiale plastico (secondo UNI 10823).
La giunzione dei tubi di rame può avvenire tramite saldatura oppure mediante giunzione meccanica. La saldatura tra i tubi di rame può essere realizzata solo per giunzione capillare con brasatura, secondo le specifiche della UNI EN ISO 4063, utilizzando idonei raccordi, conformi alla norma UNI EN 1254-1 oppure UNI EN 1254-5. Con l’impiego dei raccordi UNI EN 1254-1, la giunzione dei tubi di rame può avvenire sia per brasatura dolce, con leghe per brasatura UNI EN 29453, sia per brasatura forte, con leghe per brasatura UNI EN ISO 3677.
Viceversa, se si impiegano i raccordi UNI EN 1254-5, i tubi di rame possono essere collegati solo mediante brasatura forte, con leghe per brasatura UNI EN ISO 3677.
Non è più prevista la saldatura di testa dei tubi di rame (praticamente impossibile da realizzare, dati gli esigui spessori delle tubazioni).
La giunzione meccanica dei tubi di rame può essere eseguita adottando dei raccordi a compressione speciali, UNI EN 1254-2, che hanno la caratteristica di essere facilmente smontabili e rimontabili, come prescritto dalla UNI EN 1775.
Detti raccordi possono essere adottati, sia pure con alcune limitazioni, per la giunzione dei tubi di rame nei tratti di posa in vista e in quelli sotto traccia mentre invece non sono ammessi nella posa interrata.
Ogni altro tipo di giunzione meccanica dei tubi di rame (giunzione filettata o flangiata) non è prevista dalla norma. Le giunzioni miste tra tubo di rame e tubo di acciaio e quelle per il collegamento dei rubinetti, dei raccordi portagomma e di altri accessori, devono essere realizzate con raccordi misti speciali, conformi alla norma UNI EN 1254-4.
Tali raccordi, da un lato, permettono il collegamento alla tubazione di rame mediante giunzione capillare con brasatura oppure giunzione meccanica a compressione smontabile e, dall’altro, consentono la giunzione alla tubazione di acciaio, tramite filettatura o saldatura.


Per il corpo dei rubinetti da installare sulle tubazioni di rame, sia a vista sia in pozzetti o scatole ispezionabili non a tenuta, oltre che l’ottone, il bronzo e l’acciaio, è ora ammesso anche l’impiego della ghisa sferoidale.

Tubi di polietilene


Le novità introdotte dall’ultima edizione della UNI 7129 non riguardano tanto le caratteristiche qualitative e dimensionali dei tubi di polietilene quanto invece le loro modalità di giunzione.
Vengono infatti individuati i riferimenti normativi sia per la saldatura per elettrofusione sia per saldatura di testa per fusione. Più precisamente, la giunzione per elettrofusione deve essere eseguita secondo la UNI 10521 mentre la giunzione per saldatura di testa per fusione deve essere eseguita per contatto con degli elementi termici, secondo la UNI 10520.
In alternativa i tubi di polietilene possono essere uniti tramite raccordi e pezzi speciali anch’essi di polie-tilene sia del tipo saldabili per fusione mediante elementi riscaldanti, secondo UNI 8849, sia saldabili per elettrofusione, UNI 8850.
Le giunzioni miste tra tubo di polietilene e tubo metallico (acciaio o rame) devono essere eseguite tramite l’impiego di raccordi speciali polietilene-metallo. Tali raccordi, da un lato, devono avere l’estremità idonea per la saldatura al tubo di polietilene e dall’altro lato, devono permettere la giunzione alla tubazione metallica mediante filettatura o saldatura (o brasatura). Non sono previste le giunzioni miste flangiate, permesse invece sugli impianti di maggior potenza (DM 12 aprile 1996).
In nessun caso, il giunto di transizione, che collega la tubazione di polietilene alla tubazione metallica e quindi permette la fuoriuscita della condotta del gas dal terreno, può sostituire il giunto dielettrico che deve sempre essere previsto fuori terra, nelle immediate vicinanze della fuoriuscita della tubazione metallica dal terreno.
Non è obbligatorio collocare il giunto di transizione entro un pozzetto ispezionabile non a tenuta. Il corpo dei rubinetti da installare sulle tubazioni di polietilene (in pozzetti ispezionabili non a tenuta), oltre che di ottone, di bronzo e di acciaio, con la UNI 7129/01 può anche essere di polietilene. I rubinetti con il corpo di polietilene sono oggetto di un progetto di norma in ambito CEN (norma prEN 1555-4).

Rubinetti gas


Indipendentemente dal materiale delle tubazioni, i rubinetti del gas: sia quelli a sfera che a maschio conico con fondo chiuso, a comando manuale, devono essere conformi alla norma UNI EN 331. Finalmente l’impiantista deve solo appurare che il rubinetto sia conforme alla norma UNI EN 331 senza più preoccuparsi di dettagli costruttivi, di cui risulta responsabile il costruttore, quali la sezione libera di passaggio che, nelle precedenti edizioni della norma, doveva essere almeno pari al 75% della sezione della tubazione sulla quale il rubinetto era montato.

Posa delle tubazioni


Nel posare le tubazioni del gas in vista, sotto traccia o interrate, l’impiego del gesso o di altri materiali igroscopici è assolutamente da evitare in quanto possono aggredire e danneggiare le condotte.

Attraversamenti di strutture e di locali


L’attraversamento di un’intercapedine chiusa (ad esempio: intercapedini d’aria nelle pareti oppure intercapedini chiuse e prive di aerazione formate dalla presenza di contromuri) deve avvenire collocando la tubazione del gas in un tubo guaina di acciaio, il cui spessore, precisa la norma UNI 7129/01, deve essere di almeno 2 mm.
In un locale classificato con pericolo d’incendio (autorimessa, box, magazzino di materiali combustibili), non è ammessa l’installazione di un qualsiasi apparecchio a gas. E’ tuttavia ammesso che la tubazione del gas possa attraversare il locale a maggior rischio d’incendio a condizione che venga protetta, per tutto il tratto di attraversamento, entro una struttura incombustibile (di classe 0 di reazione al fuoco secondo UNI 9177).

La norma prevede due modalità di protezione della tubazione del gas a seconda che venga posata in vista oppure sotto traccia. In caso di attraversamento in vista, la tubazione del gas deve essere protetta entro un tubo guaina metallico, non necessariamente di acciaio, con diametro interno di almeno 10 mm maggiore rispetto al diametro esterno della tubazione del gas e con uno spessore non inferiore a 2 mm. Lo spessore del tubo guaina risulta peraltro indipendente dal tipo di materiale di cui è costituito (acciaio, rame, alluminio, ecc.).
All’interno del tubo guaina metallico, la tubazione del gas, se di acciaio, deve essere giuntata esclusivamente mediante saldatura di testa mentre, se di rame, deve essere posata in un tratto unico, priva di qualsiasi tipo di giunzione. Allo scopo risulterà idoneo l’impiego di una matassa di rame ricotto.
Lungo tutto il tratto di attraversamento del locale con pericolo d’incendio, la tubazione del gas può anche essere disposta sottotraccia. Infatti, tale modalità di posa, se realizzata secondo quanto prescritto dalla norma, è ritenuta idonea a proteggere convenientemente la tubazione. Sotto traccia, la tubazione del gas di acciaio deve essere giuntata esclusivamente mediante saldatura di testa. La tubazione del gas di rame, invece, deve essere posata in un tratto unico in quanto non è ammesso alcun tipo di giunzione. In pratica si dovrà utilizzare una matassa di rame ricotto.
Nell'attraversamento di muri e di solette, il tubo del gas deve essere protetto in un tubo guaina che può essere metallico oppure di plastica, purchè non propagante la fiamma e adatto alla posa entro murature. Sono considerati idonei gli stessi tubi guaina rigidi o pieghevoli impiegati per le installazioni elettriche e conformi alla norma CEI EN 50086.

I materiali impiegati per la sigillatura (quando richiesto) dell'intercapedine fra il tubo guaina e la condotta del gas devono essere di tipo non indurente. Sono considerati idonei l’asfalto ed il cemento plastico. In tutti i casi di attraversamento entro un tubo guaina, la tubazione del gas non può essere di polietilene.

Divieti d’installazione


All’elenco dei luoghi proibiti per l’installazione delle condotte del gas, già previsti dalla precedente edizione della norma UNI 7129, vengono aggiunti gli ulteriori divieti di posa nei giunti di dilatazione e nei giunti sismici degli edifici.

Rubinetto d’intercettazione generale



Ai sensi della norma UNI 7129/01, analogamente a quanto prescritto nelle precedenti edizioni, il rubinetto d’intercettazione generale dell’utenza posto all’interno dell’abitazione, immediatamente a ridosso del muro perimetrale attraversato, è sempre obbligatorio tranne nel caso in cui il contatore, sia pure ubicato all’esterno, risulta accessibile all’utente perchè, ad esempio, collocato su un balcone della stessa abitazione.
In tutti i casi previsti dalla norma UNI 7129, dunque, il rubinetto d’intercettazione generale deve essere sempre installato. Questo anche se ci si trova nei casi in cui, ai sensi della norma UNI 9036, se ne potrebbe fare a meno.

Posa in vista


Si definisce locale aerabile (norma UNI 10738), un locale dotato di aperture, non necessariamente di tipo permanente, rivolte verso l’esterno dell’edificio, con la funzione di ricambiare l’aria per evitare la formazione di una miscela con tenore pericoloso di gas combustibile in aria.
Dette aperture, ad esempio, possono essere le stesse finestre o porte finestra del locale, purchè con serramenti apribili. Ebbene, in un locale aerabile, le tubazioni del gas di acciaio, installate in vista, possono essere collegate tra di loro e agli eventuali accessori (rubinetti, ecc.) tramite saldatura di testa per fusione o mediante raccordi filettati.
Nello stesso locale aerabile, le tubazioni del gas di rame, installate in vista, devono essere collegate tra di loro e agli eventuali accessori (rubinetti, ecc.) esclusivamente mediante giunzione capillare con brasatura, o anche tramite raccordi meccanici.
Nei locali non aerabili, le tubazioni del gas installate in vista, se di acciaio, devono essere giuntate solo per saldatura di testa per fusione mentre invece, se di rame, devono essere unite esclusivamente mediante giunzione capillare con brasatura.
Nei locali non aerabili, la norma UNI 7129 non prevede la possibilità d’impiego dei raccordi meccanici a compressione smontabili per il collegamento dei tratti di tubazione di rame in vista. Purtroppo, nell’attuale edizione della norma, il loro impiego non è previsto neppure nei locali aerabili, per l’unione dei tubi di rame collocati in vista. Di conseguenza l’utilizzo dei raccordi meccanici a compressione smontabili, che la norma comunque ammette, sembra attualmente previsto per la giunzione delle tubazioni di rame, posate in vista, all’esterno dell’edificio.
Le tubazioni di acciaio, installate in vista, devono essere dotate di un’adeguata protezione anticorrosiva esterna che può essere ottenuta tramite zincatura a caldo, secondo UNI EN 10240, oppure con periodiche verniciature. Nessuna particolare protezione è prevista per le tubazioni di rame in vista in quanto la loro superficie si passiva da sola con il tempo.

Posa sotto traccia


In un locale aerabile, le tubazioni del gas di acciaio, installate sotto traccia, possono essere collegate tra di loro e agli eventuali accessori (rubinetti, ecc.) tramite saldatura di testa per fusione o mediante raccordi filettati. I rubinetti e le giunzioni filettate devono essere collocati in vista oppure entro apposite scatole ispezionabili, non a tenuta verso il locale aerabile.
Nel locale aerabile, le tubazioni del gas di rame, installate sotto traccia, possono essere collegate tra di loro e agli eventuali accessori (rubinetti, ecc.) mediante giunzione capillare con brasatura oppure, se posate entro una parete di muratura piena, anche tramite raccordi meccanici a compressione smontabili (modalità di collegamento non prevista nella precedente edizione della norma).
Sia i raccordi meccanici a compressione che gli eventuali rubinetti devono comunque essere collocati in vista oppure entro apposite scatole ispezionabili, non a tenuta verso il locale aerabile. Nei locali non aerabili, le tubazioni del gas di acciaio, installate sotto traccia, devono essere giuntate solo per saldatura di testa per fusione mentre invece quelle di rame, installate sotto traccia, devono essere unite esclusivamente mediante giunzione capillare con brasatura.
Indipendentemente dal fatto che il locale sia aerabile o non aerabile, la tubazione del gas, quando è posata sotto traccia entro pareti costituite da muri in mattoni forati o comunque contenenti cavità, deve essere protetta in un tubo guaina da murare con malta di cemento. Per tutto il tratto all’interno del tubo guaina, tra una scatola ispezionabile non a tenuta e la successiva, la conduttura del gas non deve presentare giunzioni di alcun tipo, neppure saldature. Una tale prescrizione rende più difficile l’impiego del tubo di acciaio UNI8863 a favore del tubo di rame ricotto in matasse (R220 EN 1173).
Nel disporre la tubazione occorre fare attenzione a non sigillare le estremità dell’intercapedine tra il tubo del gas ed il tubo guaina (nelle scatole d’ispezione non a tenuta) quando queste si affacciano sui locali interni. Viceversa, quando un’estremità prospetta verso l’esterno dell’edificio mentre l’altra si affaccia all’interno di un locale, ad esempio in occasione dell’attraversamento della parete perimetrale dello stesso edificio, è necessario sigillare la sola estremità dell’intercapedine che si affaccia verso il locale interno.
Come tubo guaina si possono adottare i tubi metallici oppure quelli di plastica, rigidi o flessibili, purchè non propaganti la fiamma. Sono idonei i tubi guaina impiegati per le installazioni elettriche, conformi alla norma CEI EN 50086 e adatti alla posa nelle strutture murarie. Il tubo guaina deve avere un diametro interno di almeno 10 mm superiore al diametro esterno del tubo del gas.
Le tubazioni metalliche, di acciaio o di rame, quando sono posate sotto traccia, devono essere collocate entro una fascia di larghezza non superiore a 200 mm, parallela agli spigoli della parete, del pavimento o del solaio interessati; con l’esclusione dei soli tratti terminali, di allacciamento agli apparecchi, che devono comunque essere i più brevi possibile.
L’esistenza dei tratti di tubazione sotto traccia nelle fasce consentite, deve essere correttamente segnalata, anche mediante disegni. La nuova edizione della norma UNI 7129 precisa che se la tubazione del gas viene collocata nella fascia inferiore della parete, quella che corre parallelamente al pavimento, è consigliabile disporla nella metà superiore dalla banda, ad un’altezza, dal pavimento finito, compresa tra i 10 e i 20 cm. Ciò allo scopo di evitare un suo possibile danneggiamento in seguito ad eventuali lavori successivi quali, ad esempio, la posa del battiscopa. Se, nonostante tutto, si volesse posare la tubazione sotto traccia, ad un’altezza dal pavimento inferiore ai 10 cm, allora si è obbligati a segnalarne la presenza in modo chiaro, visibile e permanente.
La norma, come già nelle edizioni precedenti, non prevede la posa sotto traccia delle tubazioni del gas sul lato esterno dei muri perimetrali e nelle intercapedini comunque realizzate.
(fine I° parte)


Fonte: www.progettogas.it


Giunti di transizione per manicotti elettrici/raccordi elettrosaldabili

La foto illustra il nuovo packaging dei nostri prodotti "ADATTATORI PER MANICOTTI ELETTRICI/raccordi elettrosaldabili"[Maschio e Femmina] che sono i nuovi nati della famiglia raccordi di transizione.
I nostri adattatori permettono il passaggio da un raccordo filettato in ottone al polietilene tramite manicotto elettrico. Si inseriscono al loro interno come se fossero un terminale in polietilene e successivamente si effettua l'elettrosaldatura.
Per quanto riguarda le regole per una corretta elettrosaldatura fate riferimento alla
UNI EN 12201 (acqua) e UNI EN 15555 (gas) o a questo post

La scheda tecnica che potete osservare sotto vi dà tutte le informazioni di carattere tecnico.

























Per maggiori informazioni clikka qui.

mercoledì 20 giugno 2007

Raschiatubi a norma UNI 10521



ASE 180
RASCHIATUBI MECCANICO PER TUBI DI PE, PE-X, PP E PP-R
Gamma operativa: da be 75 mm a De 180 mm

Innovativo raschiatubi meccanico indispensabile per l' asportazione dello strato superficiale esterno di tubi e raccordi impiegati per la saldatura per elettrofusione. La particolare costruzione robusta e compatta non necessita dell'impiego di adattatori per i vari diametri di lavoro o di altri accessori aggiuntivi: con il semplice utilizzo della manopola di bloccaggio si ottiene una stabile ed affidabile presa dell' ASE 180 in otto punti all'interno della parete del tubo da lavorare. La speciale lama impiegata offre all'utilizzatore la disponibilità di due taglienti: in caso di necessità basta infatti svitare la lama, ruotarla e riposizionarla per poter riprendere immediatamente il lavoro.
La costante profondità di intervento garantisce una omogenea asportazione di materiale superficiale rispettando quanto previsto dalla norma italiana UNI 10521.
L'ASE 180, il cui peso è di 2,l kg, viene fornito in una pratica valigetta di materiale plastico nella quale trova posto anche la chiave per la lama.
A richiesta è disponibile il kit lame di ricambio, composto da:

nr. 3 lame con doppio tagliente
nr. 1 vite in acciaio inox
nr. 1 chiave di servizio

per info scrivere a: info@recanatiservice

lunedì 18 giugno 2007

Energia geotermica e pompe di calore


Ecco cosa scrive il libro bianco della comunità europea sulle FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI in relazione all' energia geotermica.

"II.7 Energia geotermica e pompe di calore

L’energia geotermica rappresenta soltanto una parte ridotta di tutta la produzione di energia rinnovabile nell’Unione europea. Anche se è già possibile produrre energia da vapore secco ad alta temperatura, i correlati rischi di sfruttamento scoraggiano ancora gli investimenti. L’impiego di calore geotermico sta quindi aumentando lentamente. L’impiego di pompe di calore per valorizzare il calore del suolo a più bassa temperatura comincia però a diffondersi.
Attualmente la capacità di potenza geotermica installata nell’Unione europea è di 500 MW.
Gradualmente si stanno diffondendo unità elettriche in Francia (soprattutto nei dipartimenti 40 d’oltremare), Italia e Portogallo (Azzorre). Un raddoppio dell’attuale capacità installata è considerato un contributo fattibile alla crescita delle FER nel 2010.
La maggior parte del calore geotermico a bassa temperatura è utilizzato in applicazioni edilizie.
L’attuale capacità di 750 MWth è concentrata in Francia e in Italia. Essa potrebbe essere più che triplicata nel 2010 e fornire 2,5 GWth.
Le pompe di calore finora installate impiegano per l’alimentazione soprattutto elettricità o combustibile. Una nuova generazione utilizza scambiatori termici installati a circa 100 metri sotto terra che sfruttano l’accumulo naturale di energia solare e un certo calore intrinseco nella terra stessa a tale profondità. Nel 1995 sono state installate complessivamente nell’Unione europea 60 000 pompe di calore geotermiche, la maggior parte delle quali in Svezia, corrispondenti all’8% della capacità per tutti i tipi. Nell’ipotesi che questa capacità installata totale sia triplicata entro il 2010 nell’UE 15 e che la quota di mercato delle pompe di calore geotermiche raddoppi e raggiunga il 15%, si potrebbe avere nel 2010 una capacità totale di 2,5 GWth."

Il documento integrale si trova su questo link (pdf):
http://www.europa.eu/documents/comm/white_papers/pdf/com97_599_it.pdf

lunedì 11 giugno 2007

IMPIANTI AD ENERGIA GEOTERMICA: COSA SONO E PERCHE’ UTILIZZARLI


L’energia geotermica sfrutta il calore naturale del sottosuolo terrrestre, presente dovunque.

Attraverso la perforazione di un campo di sonde geotermiche lunghe dagli 80 metri fino ai 200 metri, si è in grado di captare quest’energia e di trasportarla in superficie, dove verrà “lavorata” da una pompa di calore geotermica che la invierà direttamente al circuito idraulico di emissione.

Il concetto su cui si basa il progetto, è la considerazione che il serbatoio geotermico è in continua autoalimentazione, rigenerandosi autonomamente e senza soluzione di continuità.

Questo fa capire come l’impianto geotermico sia completamente indipendente da condizioni climatiche del luogo dove si installa; proprio perché a profondità di circa 100 metri, le temperature del sottosuolo non vengono influenzate dal decorso stagionale o dall’andamento giorno-notte.

Riveste quindi grande importanza la fase di progettazione dell’impianto stesso, proprio perché si deve fare in modo che la quantità di energia estratta dal sottosuolo per riscaldare l’abitazione non sia superiore a quella che va a rigenerare il serbatoio geotermico. Le applicazioni degli impianti geotermici possono coprire qualsiasi fabbisogno e possono essere applicate qualsiasi edificio, dalla villetta monofamigliare, al complesso industriale, passando per esigenze particolari quali: piscine, serre, palestre, scuole ecc.

L’energia geotermica applicata ai sistemi di riscaldamento e raffrescamento, nasce in Paesi come Svizzera, Svezia e Nuova Zelanda da precise intuizioni di tecnici e specialisti. Parallelamente, la difficoltà di reperimento di energie convenzionali ha fornito, in seguito, l’impulso determinante per lo sviluppo della parte tecnologica. Sviluppo che ha portato, in breve tempo, le pompe di calore a livelli di rendimento particolarmente elevati.

L’ultima frontiera esplorata è l’inversione dell’impianto geotermico al fine di provvedere al raffrescamento degli ambienti.

Questo ha portato ad un ulteriore affinamento della tecnologia, proponendo essenzialmente due soluzioni differenti.

La prima, chiamata “active cooling”, si basa sul concetto dell’inversione del circuito idraulico di modo che la pompa di calore possa mandare, sul circuito di casa, basse temperature e, viceversa, disperdere nelle sonde geotermiche una buona parte delle calorie estratte dall’abitazione.

La seconda permette addirittura di by-passare la pompa di calore. Con un circuito idraulico separato infatti, si disperde direttamente nel terreno l’energia termica estratta dall’ambiente da raffrescare.

Questa applicazione e detta “natural cooling” e consente di arrivare an uno step intermedio di raffrescamento ottenendo il cosiddetto comfort abitativo (o effetto cantina).

Detto metodo viene quasi sempre affiancato da una buona deumidificazione dei locali, in modo tale che, anche con impianti a irradiamento a pavimento, si possano ottenere performances buone e senza incorrere in problemi causati dall’effetto condensa.

Possedere un impianto geotermico significa, a grandi linee, poter contare su un sistema che garantisce tre grandi vantaggi: rispetto dell’ambiente, sicurezza ed economicità.

Il primo vantaggio consiste nel non produrre assolutamente alcuna emissione nell’atmosfera, anche considerando infatti che tutta l’energia che usiamo per far funzionare la pompa di calore sia di produzione termoeletttrica; possiamo contare su un rendimento dell’impianto di circa 4 quindi ampiamente superiore al limite di produzione delle centrali a combustibile fossile valutato attorno a 3.

Il vantaggio legato alla sicurezza è chiaramente dovuto alla mancanza assoluta di fiamma libera all’interno delle abitazioni ed alla non emissività di gas incombusti spesso fonti di incidenti più o meno seri nell’ambito domestico.

Il terzo vantaggio che analizziamo è il risparmio economico. Quello sicuramente più monetizzabile e più visibile.

Una abitazione da circa 20 Kw di fabbisogno che necessita di 1800 ore di funzionamento all’anno ottiene un fabbisogno energetico di circa 40000 Kwh/anno (compresa acqua calda sanitaria), con una spesa in gasolio di circa 4500,00 €/anno, tenendo presente il potere calorico teorico del combustibile ed il rendimento medio annuo. Lo stesso fabbisogno energetico con l’impianto geotermico, ponendo il rendimento medio pari a 4, necessita di un’energia elettrica di circa 10000 Kwh, che equivale a circa 1400 €/anno. Da tutto questo si deduce che l’impianto ad energia geotermica costa, in esercizio, circa 1/3 di un impianto tradizionale.

L’impianto ad energia geotermica si fonda su tre sezioni distinte fra loro quali: progettazione e dimensionamento, esecuzione della sezione produzione di energia (campo di sonde geotermiche) e infine installazione della parte tecnologica (pompa di calore ed accessoristica idraulica).

La certezza che si ricava da una profonda analisi di mercati ormai consolidati quali quello Svizzero e Svedese (ma si potrebbe aggiungere anche Germania ed Austria dove ormai ci si aggira attorno al 25% di applicazioni su nuove costruzioni) è che l’esplosione della richiesta, coincide con l’affermarsi di strutture adeguate alla fornitura dell’impianto completo di tutte le tre sezioni succitate.

Ormai quindi richiedere e applicare un impianto ad energia geotermica deve fondarsi su queste considerazioni, in quanto regala ai fruitori di questa tecnologia grande fiducia nel sistema.

Anche in Italia ci si sta adeguando a questa evoluzione, il committente sta cominciando a riporre la stessa fiducia nel propositore che si prende in carico tutto l’impianto, comprendendone le notevoli conoscenze specialistiche.

Da un lustro a questa parte, notevole incremento si è ottenuto dopo l’ingresso prepotente sul mercato di prodotti tecnologici altamente sofisticati e di elevate performances quali: le pompe di calore a doppio compressore e le pompe di calore ad alta temperatura di emissione.

Le prime vengono altresì chiamate pompe “bistadio” e permettono di ottimizzare il coefficiente di rendimento durante le richieste del fabbisogno di potenza termica di base la quale, notoriamente, è la potenza che viene ad essere utilizzata durante la maggior parte del tempo di riscaldamento.

Gli effetti dell’applicazione di questa tecnologia sono ulteriore risparmio in termini di esercizio e una durata ultraventennale della pompa di calore.

La tecnologia che permette le emissioni di fluido ad alta temperatura invece, consente finalmente di applicare l’energia geotermica anche alle ristrutturazioni di edifici; senza andare ad intaccare gli impianti di emissione e programmando temperature di mandata anche di 65°.

Il decorso tecnologico che si basa su queste innovazioni ha portato i Paesi leader del settore ad applicare questa tecnologia su circa il 50% delle nuove abitazioni; con margini di crescita esponenziali anche nel campo delle ristrutturazioni.

La proposizione sul mercato di un progetto tecnologico di tali dimensioni e potenzialità sta cominciando a destare anche in Italia l’interesse che merita. Le sedi istituzionali stanno cercando sempre più di guardare al progetto geotermico come ad una soluzione tesa alla risoluzione di numerosi problemi legati all’energia derivante da combustibili fossili.

Gli organismi amministrativi preposti hanno già vagliato una serie di procedure, in linea con le direttive europee, atte a finanziare e/o promuovere con forza l’intero settore.


venerdì 8 giugno 2007

Impianto geotermico: Che cos'è?




Un impianto che funziona ad energia geotermica è composto da:

  • SONDA GEOTERMICA inserita in profondità per scambiare calore con ilterreno
  • POMPA DI CALORE installata in centrale termica
  • SISTEMA DI DISTRIBUZIONE del calore a “bassa temperatura”all’interno dell’ambiente (impianti a pavimento, pannelli radianti)
Lo scambio di calore con il terreno avviene tramite la sonda di captazione,installata con una perforazione del diametro di pochi centimetri, in un foro scavato accanto all’edificio, invisibile dopo la costruzione. Il numero delle sonde geotermiche e la profondità di installazione (da 50 a 150 metri) variano in funzione dell’energia termica richiesta. Ogni sonda è formata da n°2 moduli ciascuno dei quali costituito da una coppia di tubi in polietilene uniti a formare un circuito chiuso (un tubo di “andata e uno di “ritorno”) all’interno dei quali circola un fluido glicolato (miscela di acqua e anticongelante non tossico). I tubi delle sonde sono collegati in superficie con
un apposito collettore connesso alla pompa di calore. Durante l’inverno il terreno ha una temperatura generalmente superiore a quella esterna, il fluido glicolato scendendo in profondità attraverso le sonde sottrae energia termica al terreno. Tornato in superficie ad una temperatura
maggiore, provoca l’evaporazione del refrigerante che circola nel sistema della pompa di calore, il liquido si espande ed ASSORBE CALORE dalla sorgente esterna, ovvero, tramite le sonde geotermiche, dal terreno. All’uscita dell’evaporatore il fluido, ora allo stato gassoso, viene aspirato all’interno del compressore che, azionato da un motore elettrico, fornisce l’energia meccanica necessaria per comprimere il fluido, determinandone così un aumento di pressione e conseguentemente di temperatura. Il fluido viene così a trovarsi nelle condizioni ottimali per passare attraverso il condensatore (scambiatore). In questa fase si ha di nuovo cambiamento di stato del fluido, che passa da stato gassoso a quello liquido CEDENDO CALORE all’aria o all’acqua che sono utilizzati come fluido vettore per il riscaldamento degli ambienti o per la
produzione di acqua calda sanitaria.
Il ciclo termina con la sua ultima fase dove il liquido passa attraverso una valvola di espansione trasformandosi parzialmente in vapore e raffreddandosi, riportandosi così alle condizioni iniziali del ciclo.

Lo stesso identico sistema, con opportuni accorgimenti impiantistici provvede anche al CONDIZIONAMENTO ESTIVO, in questo caso il ciclo viene invertito ed il sistema cede al terreno il calore estratto dall’ambiente interno raffrescandolo. In generale per il condizionamento estivo si è costretti al raffreddamento delle macchine frigorifere con l’aria, la cui temperatura di riferimento estiva è di 32 C°, l’efficienza di una pompa di calore è rappresentata dal coefficiente di prestazione C.O.P. (Coefficient of Performance), inteso come rapporto tra l’energia termica resa al corpo da riscaldare e l’energia elettrica consumata perché possa avvenire il trasporto di calore medesimo.
Utilizzando le sonde geotermiche la temperatura di riferimento è invece di circa 16 C°, il salto di temperatura nelle macchine che devono produrre acqua refrigerata a 7 C° si riduce drasticamente, aumentando notevolmente la resa e riducendo di conseguenza, in modo rilevante, i consumi di energia ed i costi di gestione. A questo si aggiunge il vantaggio di potere effettuare anche un preraffreddamento dell’aria utilizzando direttamente il fluido circolante nelle sonde geotermiche, mentre l’acqua refrigerata viene usata solo per la deumidificazione raffreddando l’aria sotto il punto di rugiada.

Con le pompe di calore si ha quindi il vantaggio di sfruttare una sola macchina che, grazie ad una valvola, diventa reversibile poiché presenta la possibilità di invertire le funzioni dell’evaporatore e del condensatore, fornendo così aria fredda in estate e aria calda in inverno. L’inversione tra i due sistemi, riscaldamento e raffrescamento, può avvenire o con una inversione sul ciclo o con una inversione sull’impianto. La tecnica di prelevare calore con una sonda geotermica è altamente affidabile e fa ormai parte dei modi convenzionali di climatizzazione, ben conosciuta e sfruttata in tutto il Nord Europa e nel Nord America.

La termodinamica ci insegna, ma ce lo suggerisce anche il buon senso, che il lavoro necessario per portare l’energia termica da un livello di temperatura più basso ad uno più alto è proporzionale a tale dislivello o salto di temperatura. Da ciò consegue la prima buona regola energetica di utilizzare per il riscaldamento di ambienti abitati, che vanno mantenuti a temperatura di comfort intorno ai 20 C°, temperature per i fluidi di riscaldamento degli impianti non superiori ai 35 C° sufficienti allo scopo. Con acqua disponibile a 10-15 C°, il salto di temperatura è conseguentemente solo di 20-25 C° e, in queste condizioni, il rapporto tra calore
reso all’impianto di riscaldamento e la potenza richiesta dalla pompa di calore nelle buone macchine moderne si aggira intorno a 4, potendo giungere anche a 5. Ciò significa che, spendendo 1 Kw elettrico per l’azionamento dell’impianto si ottengono almeno 4 Kw termici per l’utenza; gli altri 3 Kw, ovvero il 75% del fabbisogno termico, vengono prelevati dall’ambiente e, più precisamente, nel caso da noi ipotizzato, dal sottosuolo; di conseguenza si può propriamente parlare di fonte GEOTERMICA.

VANTAGGI DEL SISTEMA

La realizzazione di un impianto geotermico per riscaldamento, raffrescamento e produzione di acqua calda sanitaria risulta essere oggi una avanzata soluzione di risparmio energetico per un impianto di futura generazione con vantaggi globali.

  • INDIPENDENZA COMPLETA DA COMBUSTIBILI FOSSILI
    Gasolio, Gpl, Gas metano, ecc.
  •  SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE
    No emissioni di CO2 e altri inquinanti in atmosfera
  • ABBINAMENTO AD IMPIANTI CON DISTRIBUZIONE A BASSA TEMPERATURA PER ELEVATI GRADIENTI TERMICI
  •  ADATTABILITA’ A QUALSIASI TIPO DI EDIFICIO
    Abitazioni, Uffici, Edifici commerciali, Hotel, Scuole, Piscine, Capannoni, ecc.
  • NOTEVOLE RIDUZIONE DEI COSTI DI GESTIONE
    Costo specifico medio per unità di calore prodotto pari a 1/3 per impianti alimentati a gasolio e 1/2 per impianti alimentati a gas metano.

venerdì 1 giugno 2007


Il collettore Recanati è un ottimo accessorio per tutti gli installatori di impianti geotermici , infatti nella posa delle tubazioni interrate, il collettore permette in maniera facile ed economica di connettere tutte le diramazioni che dipartono dalla pompa di calore.
Nel video in lingua inglese viene illustrato il funzionamento e i vari metodi di posa di un impianto geotermico.
Per vostra informazione , un impianto geotermico riuscirebbe ad abbattere le spese di riscaldamento fino ad un 70%